Gela. Sviluppo del Golfo chiede la riapertura del dissalatore più grande d’Europa

Gela. Sviluppo del Golfo chiede la riapertura del dissalatore più grande d’Europa

L’associazione Sviluppo del Golfo di Gela chiede al governo regionale di riaprire il dissalatore più grande d’Europa sito a Gela per eliminale la carenza d’acqua per circa quattrocento mila persone. La riapertura del dissalatore darebbe lavoro almeno a trenta persone.


Con un bonifico di 10.536.000 euro, la Regione ha versato la prima delle dieci comode rate annuali alla Raffineria Eni di Gela. Il mandato di pagamento, del 5 agosto, è firmato dal dirigente del “Servizio 1” del Dipartimento regionale Acqua e Rifiuti, Alfonso Casalicchio. Nell’atto si riassume il piano (da qui al 2025) per il «ripianamento delle situazioni debitorie pregresse relative alla gestione degli impianti ed alla fornitura delle utilities del dissalatore di Gela».

È uno dei punti del protocollo d’intesa fra ministero dello Sviluppo economico, Regione, Comune, Eni e sindacati sulla riconversione della raffineria di Gela. Un accordo che, con successivi atti, porta a uno “sconto” rispetto a quanto rivendicato dall’azienda del cane a sei zampe: la richiesta arrivò fino a 140 milioni, poi ridotti a 116,6 nel bilancio 2014 dell’Eni, dopo un’auto-svalutazione del credito di 15,6 milioni nel 2012.

Un lussuoso miraggio, nel deserto che asseta la piana gelese, ma anche parte del Nisseno e dell’Agrigentino: il dissalatore fu pensato per dare 500 litri al secondo a 400mila cittadini e per una certa fase è così. Nell’epopea della Cassa del Mezzogiorno e dell’“antenata” del cane a sei zampe, l’Anic, che negli Anni 70 mettono su un’opera costata oltre un centinaio di miliardi di lire. Quattro moduli termici “multi stage flash” per succhiare il liquido dal pontile del Petrolchimico e remineralizzarla. Anche se l’acqua di Gela è passata alla storia con la geniale definizione coniata dalle autorità sanitarie locali: «Potabile, ma non bevibile».

Saremmo quasi sollevati, se fosse soltanto l’ennesima opera dei pupi. Non è così. Pagheremo - per una clausole dell’accordo per Gela, fiore siculo all’occhiello del governo Renzi - più di 10 milioni l’anno per i prossimi 10 anni. Per un impianto che non dà una goccia d’acqua dal 2010. Quando la Raffineria Eni dismise i moduli del dissalatore. Non soltanto i quattro ammorbati dall’assenza di manutenzione da parte degli enti regionali, ma anche quello inaugurato appena qualche anno prima.
(Dr. Francesco Agati)