Editoriale/ Caltanissetta e Gela, l’impietosa pagella del “Sole”

Editoriale/ Caltanissetta e Gela, l’impietosa pagella del “Sole”

Ferale come il rintocco della campana a morto, sanzionatoria come la condanna di un giudice severo, rituale come la liturgia ecclesiale, prevedibile come il canto del gallo all’alba, arriva ogni anno, attraverso le pagine di un autorevole quotidiano economico, il Sole 24 ore, la pagella sulla qualità della vita nelle 107 province italiane.

Al Nord la gloria, al Sud la gogna. I brutti voti arrivano, simili a piogge gelate, nelle province meridionali, disastrate dall’inizio dei tempi, frustrate da una impotenza che gli ecclesiastici della Sacra Rota definirebbero “coeundi et generandi”, suscitando storici silenzi a conferma di antichi sensi di colpa e di un’altrettanto antica consuetudine, secondo cui la parola migliore è quella che non si dice. 

Il silenzio, tuttavia, non ha bisogno di farsi sentire, è più eloquente di un oratore in crisi di astinenza; non è logorrea repressa, è smarrimento, solitudine, conflitto. I più sensibili – penso ai destinatari di stanza sul fronte, gli amministratori - lasciano che il loro “io” messo dura prova si confronti con le insuperabili difficoltà del presente e con un coscienzioso esame delle proprie disabilità e colpevoli ambizioni.

Sarebbe una pièce degna del teatro dell’assurdo, firmata dal grande e faticoso Beckett, cui il popolo italiano acculturato, e perciò lettore puntuale della pagella annuale sulla qualità della vita, assiste senza assistervi, accontentandosi di sentirne parlare e voglioso di rabbiose indicibili proteste che hanno il pregio di racchiudere nel perimetro degli organi decisori le cause del mal di vivere. Impietose classifiche relegano nelle ultime quaranta posizioni le province del Sud, senza eccezioni, e qui Caltanissetta da anni risiede, occupando il loggione, luogo assegnato agli spettatori plaudenti (talvolta) a pagamento. 

Non ci resta che piangere? Il celebre geniale film di Benigni e Troisi, meglio che Beckett e il teatro dell’assurdo per non sprofondare nello sconforto, sembra rappresentare la realtà quando nell’imperdibile sequenza della dogana, ad ogni passo, avanti o indietro, il doganiere pretende il pagamento del pizzo ai due malcapitati nell’interminabile sdoganamento. E’ forse il senso della pagella compilata con inequivocabile perizia dai tecnocrati del Sole 24 ore, aiutati in questa immane fatica dalle aziende che con dati e numeri dipingono la vita di tutti ed ognuno confidando,  beati loro, sugli strumenti utilizzati testimoni dell’unica verità possibile. 

Non resta che piangere. E le lacrime avranno il sapore pungente – tento di indovinare – di quelle del coccodrillo, come ci ricordava il grande vignettista Forattini buonanima ad ogni piè sospinto, facendo arrabbiare i siciliani. Disegnati gli umori prevalenti e le strategie inconsce degli spiriti fragili che portano sottobraccio la pagella durante il tragitto che li conduce a casa, dove dovranno confessare ed espiare a prescindere dai fatti, è il momento di squadernare i voti, che per quanto riguarda la provincia di Caltanissetta sono neri come il carbone. 

Nella classifica finale sulla qualità della vita Caltanissetta comprensiva dei suoi comuni (c’è Gela fra questi), ricopre la penultima posizione, seguita dalla provincia di Foggia (cui va eterna riconoscenza per avere evitato che si finisse dietro la lavagna). Nella classifica di settore dedicata agli affari ed al lavoro Caltanissetta non evita la punizione virtuale conquistando con disinvoltura l’ultima posizione (107esima).

Nella cultura ed il tempo libero essa “svetta” al 105esimo posto, ed in “demografia e società” addirittura al 102esimo; nel settore dell’ambiente e servizi, si guadagnano altre posizioni (99esimo) senza evitare il down-ten. I problemi della giustizia e della sicurezza, invece, catapultano Caltanissetta al centro della classifica, la 59esima posizione, evento questo che come altri, può essere interpretato come il risultato del buon lavoro svolto dai servitori dello Stato o come una conferma del fatto che si delinque di più laddove le opportunità di far soldi è maggiore (negli anni ottanta, gli anni di piombo, il denaro arrivava a Gela come un fiume in piena). 

Caltanissetta fa registrare la performance migliore, addirittura raggiungendo il podio, in un’area assai pregiata, il clima: terzo posto nelle temperature, 18esima quanto a soleggiamento, 95esimo per le ondate di calore e 47esimo per gli eventi estremi. La performance peggiore, 107esimo posto, si raggiunge in un’area che ci è cara, il patrimonio museale.

La provincia guadagna un posto al sole letteralmente; è un fatto incontrovertibile che questo primato si debba alla nostra generosa stella e alla volontà del Padreterno: gli amministratori ed ai governanti, centrali e periferici, non ci hanno messo mano. Mea culpa e difficile assoluzione, invece, sull’ultimo posto conquistato nel “patrimonio museale”. Gela, sede di un inestimabile patrimonio archeologico deve rispondere di una imperdonabile assenza della sua vetrina storica. I reperti archeologici di Gela, parte rilevante del patrimonio museale mondiale, non ottengono alcuna attenzione in patria, laddove sono stati scoperti, testimoniando una delle più antiche civiltà del Paese. 

Una valutazione dell’indagine del Sole 24 Ore pretende che si percorrano per intero le piste che la metodologia scelta tracciano. Una analisi laboriosa e impegnativa, che non può essere contenuta in un articolo, che si propone il feed back di primo momento. La pagella delle province viene compilata sulla base di indicatori, ben novanta, suddivisi in sei macrocategorie: ricchezze e consumi, affari e lavoro, ambiente e servizi, demografia società e salute, giustizia e sicurezza, cultura e tempo libero. Ad ogni indicatore viene assegnato un punteggio, che parte da un massimo di mille punti, e termina con lo zero, il voto peggiore.

Non mancano le sorprese che suscitano sconcerto, perplessità o criticità, magari provocate dall’orgoglio ferito e dal rammarico di apprendere informazioni deludenti corredate da analisi rigorose. Gli elementi che suffragano la qualità del giudizio, fanno emergere infatti l’assenza di indicatori non numerabili. Sia i primati, quanto le performance negative, oggetto di critiche, inevitabilmente si arenano davanti al valore certo del numero e alla complessità delle analisi. 

Accanto a queste criticità rilevanti vanno annoverate elementi di natura localistica, non meno rilevanti. E’ il caso di Gela che viene rappresentata attraverso la provincia di Caltanissetta; è una condizione che medializza realtà assai diverse fra loro, come la prevalente burocrazia del capoluogo di provincia, Caltanissetta, e il comune di gran lunga più popoloso della provincia, Gela, in cui prevalgono una economia industriale e una economia industriale. Gela subisce il pay gap della metodologia con la quale sono compilate le pagelle. 

Propongo un esempio, che esce dai confini nisseni: fra le ultime cinque province classificate si trovano Siracusa e Napoli, 104esima la prima, 105esima la seconda. Siracusa subisce pure il primato negativo sul gender pay gap. Gli aretusei avrebbero un tasso di omofobia maggiore che altrove?

Se mi chiedessero un giudizio sulla qualità della vita di entrambe le città, risponderei che Siracusa vanta una vita sociale e civile di alto livello, Napoli gode di una immagine positiva senza pari oggi in Italia e nel Mondo. Rilevo, per fare un altro esempio, che la provincia siciliana più virtuosa è Ragusa, che si smarca dalle altre, guadagnando posizioni centrali in ogni settore e una crescita inarrestabile.

Questo dato inoppugnabile dovrebbe essere oggetto di riflessione, perché ci ricorda che le province funzionano quando le dimensioni del territorio sono governabili e le economie omogenee. Le pagelle del Sole inoltre non fanno i conti con la percezione, entrata a far parte con diritto nella realtà di ogni giorno (clima, sicurezza, giustizia, burocrazia ecc). La realtà encountable, insomma, non pare rappresentata adeguatamente. I dati statistici e calcoli di probabilità non bastano. C’è il rischio di perdere elementi fondamentali e preziosi

E’ legittimo chiedersi per quale ragione ci si ostini a lasciare le cose come stanno con burocrazie che gestiscono società industriali e commerciali e piccoli comuni, lontani fisicamente, economicamente e culturalmente.