La scienza dell’ignoranza come fenomeno sociale

La scienza dell’ignoranza come fenomeno sociale

“Ignoranza. Una storia globale” di Peter Burke è un libro del 2023, tempestivamente tradotto in italiano da Raffaello Cortina, in cui viene offerta una panoramica esauriente, dal punto di vista sia concettuale che storico, di un nuovo settore di studi che comprende soprattutto l’agnotologia e l’agnoiologia.

Per “agnotologia”, parola coniata da Robert N. Proctor, si intende lo studio dell'ignoranza culturalmente costruita o prodotta. Proctor, storico della scienza presso l'Università di Stanford, ha introdotto questo termine per descrivere come l'ignoranza o il dubbio possano essere fabbricati o mantenuti in alcune situazioni. Il focus della disciplina non è tanto l'ignoranza individuale, quanto piuttosto i processi attraverso i quali la società, spesso guidata da interessi particolari (come quelli corporativi o politici), produce ignoranza o incertezza. Un esempio classico è il modo in cui l'industria del tabacco ha seminato dubbi sugli effetti dannosi del fumo, promuovendo ricerche ambigue o finanziando scienziati per deviare il consenso scientifico.

Il testo classico di riferimento, anche per Burke, è il volume curato da Proctor e Londa Schiebinger, “Agnotology: The Making and Unmaking of Ignorance”, uscito nel 2008. Si tratta di un’antologia in cui esperti di varie discipline indagano le diverse modalità attraverso cui l'ignoranza viene prodotta e perpetuata a livello culturale. Attraverso una serie di saggi, vengono analizzate tematiche che spaziano dall'ecologia alla storia medica, e si pone l'accento sulle dinamiche che portano alla mancanza di conoscenza, ponendo questioni come: quali sono i fattori che alimentano l'ignoranza o la rendono uno strumento di manipolazione politica?

L'agnotologia offre così un innovativo punto di vista teorico, spostando l'interrogativo dal "come conosciamo" al "perché ignoriamo certe cose". L'ignoranza non è sempre una mera mancanza di informazione, ma può derivare da conflitti culturali e politici. Ha le sue radici storiche e determinate coordinate geopolitiche. Alcuni esempi emblematici sono l'industria del tabacco che, come detto, promuove il dubbio come strategia, o le questioni del cambiamento climatico, del segreto militare, dell'orgasmo femminile, del contributo delle donne alla scienza e alla vita civile, del negazionismo in campo ambientale, fino alla paleontologia dei nativi americani. In tal modo si mira a comprendere come certe forme di sapere siano state negate, dimenticate o rese invisibili.

Il termine “agnoiologia”, invece, fu coniato dal filosofo scozzese James Ferrier (1808-1864), e indica la teoria generale dell’ignoranza, così come “epistemologia” (parola anch’essa introdotta da Ferrier) indica la teoria generale della conoscenza. In particolare, l’agnologia si interessa delle strutture e delle condizioni che limitano la conoscenza umana. Mentre l'agnotologia è incentrata su come l'ignoranza sia prodotta o mantenuta, l'agnoiologia esplora i confini e le strutture della conoscenza, interrogandosi su cosa sia possibile conoscere e su cosa resti inevitabilmente al di fuori della comprensione umana.

L'agnoiologia, così, invita a riflettere sulle limitazioni umane nell'acquisizione della conoscenza. Si interroga sulle strutture cognitive, sui pregiudizi culturali e sui limiti linguistici che configurano ciò che è conoscibile. Questo campo di studio pone domande fondamentali sulla natura della conoscenza, sulla distinzione tra conoscenza e credenza e sulle potenziali zone di oscurità che persistono nonostante il progresso scientifico e tecnologico.

Se si volesse fare l’esempio di un testo recente di agnoiologia (dove però non si cita mai questa parola), si potrebbe citare il libro di Jorge Cham e Daniel Whiteson, rispettivamente un esperto di robotica dell’Università di Stanford e un fisico delle particelle dell’Università di Berkeley, “Non ne abbiamo la più pallida idea. Guida all’universo sconosciuto”, uscito nel 2017 e pubblicato in italiano da Longanesi nel 2019.

Questo libro, contrariamente ad altri degli ultimi anni che pretendono persino di spingersi prima del Big Bang (si veda per esempio il pur pregevole “Prima del Big Bang. Come è iniziato l’universo e cosa è avvenuto prima” del direttore del Dipartimento di Fisica Teorica del CERN Gian Francesco Giudice, pubblicato da Rizzoli nel 2023) si apre con le seguenti parole: “Ti piacerebbe sapere come ha avuto inizio l’universo, di cosa è fatto e come finirà? Ti interesserebbe capire da dove vengono lo spazio e il tempo? Vorresti sapere se siamo soli nel cosmo sterminato oppure no? Peccato! Questo libro non risponderà a nessuna delle precedenti domande”.

Peter Burke (nella foto), classe 1937, è un valente storico britannico esperto di Rinascimento italiano, e in “Ignoranza. Una storia globale” dichiara di voler enfatizzare soprattutto la storia “sociale” dell’ignoranza, con numerosi esempi pescati su vasta scala nel tempo e nello spazio.

Per rendersi conto dell’importanza di un approccio del genere, si considerino anche solo le conseguenze catastrofiche, in termini di sofferenza umana, di questi due dati in apparenza freddamente statistici (siamo all’inizio dell’ottavo capitolo, “Ignorare la geografia”): “Un sondaggio condotto nel 2006 ha rilevato che due terzi degli americani fra i 18 e i 24 anni non erano in grado di localizzare l’Iraq su una carta geografica” (per non parlare del Vietnam, alla cui guerra viene dedicato un intero paragrafo a parte nel capitolo successivo);

“In Sicilia (…), ancora negli anni Cinquanta, un ricercatore fu sorpreso nello scoprire contadini che non sapevano dove fosse la Russia” (qui il riferimento implicito è alla disastrosa campagna di Russia, che coinvolse anche molti contadini siciliani, mandati a morire dal governo fascista insieme ai soldati nazisti; ma la Sicilia è anche culla della “simulazione dell’ignoranza”, cioè dell’omertà, di cui si parla nel finale del decimo capitolo).

Né si devono trascurare le implicazioni nefaste dell’ignoranza dei governanti, come si vede da questi due esempi (tratti dall’undicesimo capitolo, “Ignoranza politica”) che fanno da contraltare ai due precedenti: “Pensate, per esempio, all’evidente ignoranza dei conflitti fra musulmani sunniti e sciiti da parte del presidente George W. Bush quando prese la decisione di invadere l’Iraq nel 2003. Si dice che il presidente non sapesse neppure dove si trovasse il Paese sulla cartina. Oggi, è difficile lasciarsi sfuggire le conseguenze di tale ignoranza”; “secondo il sistema di intelligence tedesco, Mussolini venne ingannato dalla sua aeronautica militare: ‘durante i giri di ispezione estiva degli squadroni dell’aviazione, vennero più volte mostrati gli stessi contingenti militari, senza suscitare alcun sospetto’”.

Diviso in due parti, “L’ignoranza nella società” e “Le conseguenze dell’ignoranza”,  il libro di Burke contiene capitoli nei quali, tra l’altro, viene esplorato nel dettaglio l’aspetto sociale dell’ignoranza relativa alla religione, alla scienza, alla guerra, all’economia, alla politica, alla storia, alle epidemie e alle catastrofi naturali come terremoti, inondazioni ecc. Ne viene fuori un catalogo storico-geografico angosciante di sofferenze atroci causate, nel corso della storia umana, da pura e semplice e ignoranza.

Per concludere, un’osservazione che non vuole essere una critica ma una semplice manifestazione di rammarico. Essendo un grande conoscitore dell’Italia e della sua cultura, soprattutto in certi punti Burke avrebbe potuto avvalersi di alcuni testi di Umberto Eco, sia saggistici (in particolare “La forza del falso” e “Storia delle terre e dei luoghi leggendari”) che narrativi (anche il solo “Baudolino”, per non dire del “Pendolo di Foucault”, dell’“Isola del giorno prima” e del “Cimitero di Praga”), per arricchire i riferimenti bibliografici e i fondamenti filosofici della sua teoria dell’ignoranza.

Laddove Burke parla di terre, animali e regni favolosi, delle teorie del complotto e della forza persuasiva di menzogne fatte circolare deliberatamente nel corso della storia, il lettore italiano non può non pensare alle pagine memorabili che Eco dedicò per molti decenni agli stessi temi, su alcuni dei quali – dal fantomatico regno del Prete Gianni ai falsi “Protocolli dei Savi di Sion”– era una vera autorità mondiale.