L’acropoli di Gela greca

L’acropoli di Gela greca

Partendo proprio dall’immagine della polis tracciata da Rosalba Panvini, Marina Congiu, (Gela.

Topografia e sviluppo urbano, Salvatore Sciascia Editore . si ripromette di ricostruirne in maniera diacronica lo sviluppo urbanistico ed esponendo la metodologia usata, descrive la composizione della monografia: nella prima parte, a carattere introduttivo, sono prese in esame le caratteristiche geomorfologiche e geografiche che hanno influenzato la nascita e la crescita della colonia.

Nella seconda parte trova posto la descrizione del database informatico creato ad hoc per Gela, mentre nella terza vi è la catalogazione dei rinvenimenti archeologici. Nell’ultima parte del volume, l’A. propone alcune ipotesi di ricostruzione funzionale relative alle diverse aree della città antica. 

È chiaramente su quest’ultima parte che si concentrano le osservazioni più interessanti. Tra esse sono da citare: la disposizione dell’abitato e delle necropoli in età arcaica sembra rispecchiare la variegata composizione etnica dei coloni, dal momento che solo verso gli inizi del VI secolo a.C. si assiste ad una ristrutturazione urbanistica della polis e nella coeva edificazione dei primi santuari in posizioni sparse attorno ad essa.

L’area sacra dedicata all’heroon di Antifemo, l’ecista di Lindo che fondò assieme ad Entimo di Creta, la colonia, sembra più che condivisibile l’ipotesi dell’A. di identificarla nel sacello rinvenuto nell’area del Castello Federiciano. La zona di Capo Soprano fu probabilmente riservata al rincalzo coloniale guidato da Pentatlo (580-576 a.C.), proprio negli anni della fondazione della sub- colonia di Akragas (581/0 a.C.).

Durante il trentennale intervallo fra la distruzione del Tempio di Atena (B) e la costruzione del nuovo edificio (C) ad opera dei Dinomenidi 7, l’Edificio VIII sull’acropoli avrebbe svolto le funzioni di luogo di culto della dea. 

In un lavoro, dunque, pur ricco quindi di spunti interessanti e forte di una sintesi accessibile ed inattaccabile, si sente però la mancanza almeno di un tentativo di riaggiornare 8 la pianta dei culti geloi, le cui tracce, alcune labili, sono ancora in continua evoluzione . 

Il volume si presenta quindi, in una veste tipografica di prim’ordine, ricco di un apparato fotografico e cartografico eccellente, ed impreziosito sì dalla presenza di un Cd rom che contiene il database delle presenze archeologiche ma è danneggiato da un prezzo non certo abbordabile per chiunque. Unica grave pecca risulta l’assenza di un estratto in qualsivoglia lingua straniera, che possa facilitare la comprensione anche per un lettore non italofono della ricca messe di dati forniti dall’A. nel suo lavoro.

Resta comunque un’opera meritoria ed indispensabile per lo studio di Gela, che attende una nuova rinascita, liberandosi dalle brutture causate dalle ceneri del petrolio e dalla sabbia del deserto che per secoli ne ha occultato (e protetto) la bellezza.

Paolo Daniele Scirpo